CORSO TANATOLOGIA

“LA CONOSCENZA DELLA MORTE.
PSICOLOGIA DEL VIVERE E DEL MORIRE”

Il Corso in fase di accreditamento al ministero della salute per ECM, nelle precedenti edizioni ha ottenuto N: 50 crediti.

PERCORSI DI:

Psicologia esistenziale, Psicologia dinamica, Biologia, Fisiologia, Neurobiologia, Medicina Generale, Medicina Palliativa, Filosofia, Letteratura Italiana, Storia del Teatro, Antropologia Filosofica, Storia delle Religioni, Psicoterapia, Psicologia Transpersonale.

TITOLO DI STUDIO RICHIESTO:

– Diploma di laurea del vecchio ordinamento: tutti;
– Classi delle Laure triennali nuovo ordinamento: tutti;
– Classi delle lauree specialistiche nuovo ordinamento: tutte;
– Diploma universitario;
– Diploma di Scuola secondaria superiore pertinente alle finalità del Corso

Il corso ha durata annuale, e si sviluppa in 92 ore di attività, articolata in 7 incontri seminariali di 13 ore ciascuno, in week-end periodici mensili.

Il corso vuole promuovere una conoscenza complessiva e multidisciplinare; estendere cioè la ricerca in ambiti numerosi, considerati talvolta obsoleti o ritenuti inconciliabili dallo spirito del nostro tempo.

Prima di tutto lasciare un margine di ambiguità, allo scopo di evitare che ci si possa occupare della morte del morente soltanto quando non è possibile fare diversamente, vista l’ineluttabilità dell’evento. Tecniche di accompagnamento alla morte, improvvisazioni volontaristiche, affidamenti fideistici, conoscenze rappezzate all’ultimo momento, espressioni di circostanza che risentono di un lungo disinteresse e negazione della morte, acquistano scarso significato davanti alla constatazione che il morente è il vivente stesso, colui che ha cominciato a morire nel momento stesso in cui è nato, destinato quindi a trasformarsi, senza il ciclo vita-morte possa essere interrotto, né tantomeno cambiato.

L’assistenza al morente richiede dunque, non frettolose formule rituali, bensì una conoscenza della morte e questa deve essere ricercata in tutto l’arco della vita. Scrive Lama Sogyal Rinpoche “…Non ci è stato insegnato quasi nulla su come aiutare chi muore, anche se è una persona cara o vicina, e non siamo incoraggiati a pensare al futuro del defunto, come continuerà la sua esistenza, come possiamo aiutarlo. Anzi, qualunque pensiero in questo senso rischia di essere bandito come inutili ridicolo. Tutto ciò ci dimostra con dolorosa evidenza che ora più che mai abbiamo bisogno di un cambiamento radicale nel nostro atteggiamento verso la morte e morenti…”.

La conoscenza della morte, allora, deve riconsiderare i paradigmi stessi della conoscenza, per estendere la ricerca a filoni poco conosciuti del pensiero filosofico religioso talvolta considerati sterili appendici di un pensiero magico e, pertanto, inattendibile; col trascorrere del tempo il pensiero occidentale contemporaneo, tutte le volte che è riuscito a liberarsi dei meccanismi della negazione dell’annullamento, si è aperta la conoscenza della morte (Kubler – Ross, R.Moody, etc.).

La morte nell’antica filosofia tibetana ed indiana, nella storia della filosofia antica, nel teatro e nel cinema, oltre che nella biologia e nella medicina, nel pensiero esoterico e simbolico occidentale, nelle letterature e nella psicologia contemporanea, come necessità legata all’esistenza ed al cambiamento, diventerà tema dominante di incontri che hanno come scopo quello di favorire un avvicinamento che si può prevedere ricco di possibilità formative e di crescita umana oltre che essenziale per trasmettere quelle conoscenze che potranno rivelarsi importanti e necessari al letto e nella vita del “morente”. “…La comprensione della morte, della natura spirituale della morte e del morire, la conoscenza di che cosa si può fare per dare aiuto a chi more, dovrebbe essere diffusa in tutta la società. Dovrebbe venire insegnata, seriamente e in modo creativo, nelle scuole e nelle università, ma soprattutto ed essenzialmente, dovrebbe essere presente nella formazione dei medici, del personale infermieristico, degli assistenti sociali… E di tutti coloro che assistono morenti: familiari, sacerdoti di tutte le religioni, counselor, psicologi e psichiatri”. Scrive Lama Sogyal Rinpoche invitando tutti quelli che vogliono liberarsi almeno della paura, di prendere in considerazione l’argomento a partecipare attivamente

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